Una Tavola Rotonda per presentare un’indagine sui processi di pulizia nel settore alimentare e ascoltare le voci dei protagonisti del settore.
A Milano, il 2 ottobre, nella cornice del Westin Palace, è stata presentata e commentata l’indagine commissionata da Afidamp su come si svolgono le operazioni di pulizia nelle industrie alimentari.
L’articolo si svolge in 5 parti:
1 L’indagine
2 Misura per misura
3 Tema: pulizia dell’aria
4 La voce dell’industria
5 Le sfide al mercato
5 Le sfide al mercato
Toni D’Andrea, amministratore delegato di Afidamp Servizi, ha aperto la giornata rivendicando l’indipendenza dell’associazione (e quindi il cambiamento di sede rispetto alla definizione originaria). Tra i compiti istituzionali di Afidamp c’è quello, detto esplicitamente nello Statuto dell’associazione, di “raccogliere dati e notizie per una migliore e aggiornata conoscenza del mercato” e questo deve essere indipendente da fattori esterni o di convenienza.
La pulizia professionale è un argomento importante, che ‘vale’, globalmente 61,5 miliardi di euro e coinvolge 140.000 imprese.
Nell’ottobre 2012, Coesis ha condotto un sondaggio sulla qualità percepita sul gradimento dei servizi, Quality life index.
Tra i nove fattori di riferimento, la pulizia ha avuto il 47% delle preferenze, ed è il primo fattore per benessere e luogo di libertà collettiva. Quando si visita una nuova città, si percepiscono diversi gradi di civiltà: la manutenzione degli edifici, la pulizia ambientale e il rumore ambientale: da questi fattori si determina il grado di modernità e di benessere.
Il fatto che il 60% delle aziende intervistate afferma di non ricorrere a un programma di formazione è un dato su cui riflettere: in questo campo Afidamp si ritiene chiamata in prima persona, come incubatore di coscienza civica e di conoscenza specifica.
La formazione è essenziale per fare crescere un comparto e l’associazione è l’elemento competente, in grado di aiutare a costruire una coscienza e una consapevolezza nuova e profonda.
A proposito di approccio consapevole alle problematiche, Massimo Giubilesi, vice presidente OTALL, l’ordine dei tecnologi alimentari della Lombardia e della Liguria. auspica l’applicazione di ‘tecniche integrate’, perché nelle discipline scientifiche non si parla di un ‘metodo’ ma di integrazione di metodi.
L’igiene in ambito alimentare è estremamente importante, ma è resa difficile anche dalla parcellizzazione delle aziende, la maggior parte delle imprese coinvolte sono piccole, molto piccole. E in molti casi sono divise anche dal linguaggio, radicate nel territorio, che parlano i dialetti locali, non l’italiano.
Ma è compito di tutti fare crescere il mercato, anche da parte degli esperti, che devono pensare più alla sostanza dei problemi, entrare nel merito e fornire possibili soluzioni. E, per quanto riguarda la necessità di formazione del personale, sarebbe veramente necessario applicare una sanzione per la ‘non formazione’.
Non si può parlare di ‘food processing’ se l’ambiente non è sano. Il problema dell’igiene coinvolge tutto il Food Service (quello commerciale, non collettivo). E i controlli sono sempre auspicabili.
Nell’evoluzione del mercato delle pulizie c’è anche spazio per la robotizzazione. In particolare, per esempio, nella sanificazione nell’industria alimentare potrebbe essere demandato alle macchine lo svolgere lavori ripetitivi, riservando al personale umano i compiti più delicati e variati.
Ciò che deve essere considerato, però, come è stato evidenziato da più voci, è proprio l’approccio alla pulizia, che deve coinvolgere anche la progettazione di un impianto. Un impegno in questo senso – che inciderebbe ben poco nell’allestimento di un’industria alimentare – porterebbe a vantaggi molto grandi, consentendo la pulizia in spazi più accessibili, per un risultato sicuramente più qualificato e soddisfacente.
Quando l’ambiente non è in perfette condizioni, la pulizia ne risente, anche se non sembra una conseguenza diretta (ma lo è). Trovare una tubazione arrugginita o una piastrella rotta, che in sé non sembra avere un diretto rapporto con la pulizia, invece può avere un effetto, poiché diventano ‘luoghi’ in cui batteri e muffe si annidano più facilmente e quindi coinvolgono la qualità stessa della produzione degli alimenti.
Ritornando all’indagine commissionata da Afidamp all’Istituto Piepoli sulla sanificazione nelle industrie alimentari, il grado di soddisfazione espresso dalle aziende sulla pulizia (99%) indico che questo comparto è un vero laboratorio che, partendo da materiale eterogeneo, produce un buon risultato. Un personale (soprattutto donne) che produce qualità, partendo non da una situazione di eccellenza, fa notare Alessandro Amadori.
Ogni azienda, ogni lavorazione ha esigenze particolari di pulizia, che vanno soddisfatte, ed è necessario un approccio che partendo dalla progettazione realizzi un servizio ad hoc, con la possibilità di valutazione e misurazione della carica batterica, di dati oggettivi di misurazione.
I punti critici sono tanti, e tanti i luoghi dove intervenire. La conoscenza di metodi, sistemi, luoghi della pulizia è fondamentale: di questo i luoghi istituzionali – come l’università – predisposti alla diffusione di informazioni e conoscenze, non sono sufficientemente allineati. È necessario ricostruire e fare crescere la filiera delle risorse umane e la formazione rimane punto nodale.
La strada è lunga, ma le prospettive di crescita (e di lavoro) sono davvero tante. E sarebbe un peccato perderle.