Triveneto, ottimi risultati dal riciclo di rifiuti tecnologici

Oltre 20 mila tonnellate di rifiuti tecnologici raccolti in Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia solo nel 2015. L’equivalente in peso di circa 500 autoarticolati a pieno carico. Sono questi i dati presentati da Cobat – Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo, nel corso del convegno “Economia circolare nel Triveneto: riciclo, legalità e best practice”, tenutosi a Padova presso il Centro Altinate-San Gaetano, nell’ambito di Panorama d’Italia, il tour che il magazine Panorama compie attraverso il paese tra informazione, cultura, spettacolo, enogastronomia e intrattenimento.

Nel 2015 Cobat ha raccolto e avviato al riciclo in Triveneto oltre 17.500 tonnellate di pile portatili e batterie industriali e per auto, 2.300 tonnellate di apparecchiature elettriche ed elettroniche – categoria che oltre ai dispositivi elettronici include anche i moduli fotovoltaici, sempre più presenti sui tetti del Nord Est – e 200 tonnellate di pneumatici provenienti da autodemolizione. Il Veneto, in particolare, risulta la regione più virtuosa d’Italia per la raccolta di pile portatili: 407 mila chili solo nel 2015. Una montagna di smartphone, tablet, elettrodomestici e batterie che, vittime dell’usura o dell’incessante innovazione tecnologica, sono stati gettati e successivamente trasformati in nuove materie prime. Un tesoro che potrebbe essere ancora più ricco, senza la piaga del traffico illecito di rifiuti, come batterie e apparecchiature elettriche ed elettroniche, che dalla frontiera orientale del Triveneto vengono esportati illegalmente, togliendo risorse al paese.

Una raccolta capillare e “a chilometro zero” che ha permesso di ottimizzare la logistica e di abbattere le emissioni di anidride carbonica in atmosfera dovute al trasporto dei rifiuti. Sono infatti 9 i Punti Cobat – aziende autorizzate alla raccolta e allo stoccaggio distribuite in maniera omogenea su tutto il territorio del Triveneto – che hanno servito le isole ecologiche e le imprese di piccoli e grandi comuni, dalla pianura alla montagna, avviando al riciclo i rifiuti nei 4 impianti di selezione e trattamento di pile, apparecchiature elettriche ed elettroniche e pneumatici, tutti localizzati nelle province venete di Vicenza, Verona, Treviso e Venezia.

L’economia del Triveneto – ha spiegato Giancarlo Morandi, presidente di Cobatha tratto beneficio da questa attività di raccolta capillare di rifiuti tecnologici. Stiamo parlando di prodotti che possono essere trasformati in ricchezza. Da una batteria per auto di 14 Kg, ad esempio, siamo in grado di estrarre 8 Kg di piombo che viene reimmesso nel mercato, con benefici per l’ambiente e per il sistema economico, che così non deve importare nuove materie prime”.

L’approccio di Cobat – ha sottolineato Claudio De Persio, direttore operativo del consorzio – è di tipo collaborativo. Stringiamo accordi con gli enti locali e le associazioni che rappresentano sul territorio produttori di beni e imprese che hanno la necessità di gestire i propri rifiuti, nell’ottica di intercettare quanti più prodotti a fine vita e offrire un servizio personalizzato in base alle esigenze delle imprese”.

L’economia circolare, sempre più in cima all’agenda politica europea, prevede un sistema in cui il rifiuto non esiste più, ma tutto viene riciclato o riutilizzato, rientrando nel ciclo produttivo. Una vera e propria rivoluzione che, in parte, avviene già adesso anche in Veneto. Ma di strada da fare ce n’è ancora molta, soprattutto sul fronte della lotta all’illegalità. Le cronache recenti mettono il Triveneto, che per la sua posizione geografica è un ponte verso l’Est Europa, al centro di attività di traffico illecito di rifiuti, con Tir che esportano illegalmente batterie esauste in Romania e inchieste internazionali sulla gestione illecita di rifiuti speciali, tra cui batterie al piombo esauste, rifiuti elettronici, parti di auto oggetto di demolizione e pneumatici fuori uso, che da Gorizia, passando per Genova, erano diretti in Camerun.

Molte aziende si rivolgono a soggetti non autorizzati, pensando di risparmiare – ha spiegato De Persio. In realtà non è così. Oltre al rischio di sanzioni, peraltro piuttosto salate, queste pratiche creano una turbativa di mercato che genera concorrenza sleale, altera i reali costi di gestione dei rifiuti e crea danni all’ambiente e, di riflesso, alla salute. Su questo fronte, è fondamentale l’azione delle forze dell’ordine, con cui collaboriamo attivamente. Ma serve soprattutto una maggiore coscienza ambientale da parte di tutti, cittadini e imprese. Serve la consapevolezza che l’economia circolare, oltre a tutelare l’ecosistema, genera ricchezza e posti di lavoro. Soprattutto a livello locale”.



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