di Giulia Sarti
Il Covid 19 ha segnato uno spartiacque in ogni nostro modo di essere: nuove regole, nuovi permessi e nuovi obblighi, un cambiamento che ha inciso anche con il ritorno alla ‘normalità’. Il settore alberghiero e della ristorazione ha riacquistato la sua libertà e i dati della stagione passata, pur se vanno interpretati in un quadro più ampio, sono sicuramente positivi.
I dehors
Alla (legge) normativa si chiesto di chiarire alcuni dubbi, di rispondere a precise domande, per stabilire il mantenimento oppure i nuovi limiti in diversi ambiti. Nel Decreto Milleproroghe, ecco qualche notizia al proposito. A ottobre il Senato ha dato voto favorevole all’emendamento al DDL Concorrenza che prevede la proroga del regime semplificatorio per i dehors e tavolini all’aperto al 31 dicembre 2024. Una notizia molto gradita dalle associazioni di settore sia per le imprese della ristorazione, sia per le amministrazioni locali, che possono riqualificare e valorizzare gli spazi urbani: non più occupazione di suolo pubblico, ma valorizzazione.
Gli Home restaurant
Sul fronte della necessità di regolamentare anche nuove attività di ristorazione, che da tempo sono oggetto di proposte normative ma che non sono mai diventate legge, qualche chiarimento a dicembre c’è stato. Si tratta degli Home restaurant, attività che appartiene alla sfera della ristorazione ma che invece di svolgersi in un classico locale viene organizzata all’interno di un appartamento privato. La caratteristica principale dell’home restaurant è quella di non essere un’attività organizzata da professionisti, che mettono a disposizione pochi coperti in alcune serate Un home restaurant non dovrebbe superare un certo fatturato annuo ma, in compenso, non avrebbe necessità di autorizzazioni particolari, cosa che invece viene richiesta ai ristoranti professionali.
Le tipologie possono essere diverse:nsocial eating, una cena organizzata non solo per conoscere le specialità locali ma anche e soprattutto per conoscere persone nuove, e i padroni di casa sono gli ospiti della serata; tourist eating cene organizzate per ché i turisti conoscano il vero gusto locale, facendosi ospitare per cena a casa di persone comuni che si dilettano con la cucina.
Per la regolamentazione degli home restaurant esite una risoluzione del Ministero ad hoc proprio per questo tipo di attività che qualifica giuridicamente l’attività e indica i requisiti da rispettate in termine di onorabilità e professionalità del cuoco che è la Risoluzione Mise n. 50481/2015. Questa Risoluzione paragona l’Home restaurant a dei veri e propri ristoranti, obbligandoli a sottostare a una lunga e rigida trafila per ottenere le autorizzazioni.
In attesa di una normativa risolutiva, la Federazione dei Pubblici Esercizi ha qualificato questa attività come “attività di somministrazione di alimenti e bevande”, e perciò soggetta alla medesima normativa di riferimento (salvo discipline a livello regionale). Una recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 02437/2023) afferma che l’attività di home restaurant – in questo caso la gestione di un posto di ristoro e somministrazione di alimenti in un immobile privato e svolto nell’interesse dei soci di un’azienda agricola e di ulteriori clienti occasionali – rientra a pieno titolo nel concetto di somministrazione di alimenti e bevande di cui all’art. 1 della Legge n. 287/1991. Deve quindi essere applicato l’art. 3 comma 7 della medesima legge che stabilisce che “le attività di somministrazione di alimenti e bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazione in materia edilizia, urbanistica e igienico-sanitaria, nonché quella sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici”.
Le mance? Ora meno tasse
La legge di bilancio approvata lo scorso anno ha introdotto una nuova disciplina delle mance, che rientrano nel ‘reddito da lavoro dipendente’ e quindi – prima dell’introduzione della disciplina, facevano capo alle regole previste per il reddito da lavoro dipendente (con pagamento dei contributi e tassazione IRPEF). La legge di bilancio ha previsto l’introduzione di una quota del 5% riferita alle mance percepite dai lavoratori delle strutture ricettive e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande. Tale tassazione agevolata si applica ai soggetti che hanno avuto nel periodo d’imposta precedente un reddito non superiore a 50.000 euro.
Le mance lasciate dai clienti, anche attraverso carte di credito, sono redditi di lavoro dipendente e, se non c’è rinuncia scritta del lavoratore, sono soggette, a opera del sostituto d’imposta, a una tassazione sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali, con l’aliquota del 5%, entro il limite del 25% del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro.
Secondo le stime dell’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio, tale meccanismo agevolato – che di fatto favorisce queste elargizioni – potrebbe generare, solo nella ristorazione, un ammontare complessivo di mance per un valore di circa 2 miliardi di euro l’anno corrispondenti, in media, a poco meno di 2.000 euro per ciascuno dei 980mila lavoratori del settore. Una vera e propria mensilità aggiuntiva visto che questa somma rappresenta il 15% del totale delle retribuzioni (pari a oltre 13 miliardi di euro) percepite nel 2022 dai lavoratori, sia full time che part time, di questo comparto.
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