La green economy italiana al femminile: sono tante le donne che occupano alti livelli manageriali. Secondo i dati della Fondazione Symbola e Unioncamere, analizzando il comparto delle riqualificazioni (in attivo nell’edilizia) le donne ci credono: le start-up (nuove imprese iscritte nel primo semestre 2013) nelle costruzioni e nell’immobiliare, tra quelle a guida femminile, è green il 37,4%, tra quelle maschili il 28,2%.
Alcuni esempi di chi crede nel green: Diana Bracco ha moltiplicato l’impegno nello sviluppo di innovazioni di processo per minimizzare o sostituire molecole pericolose, per migliorare le performance relative a ciò che riguarda l’ambiente e Catia Bastioli, alla guida di Novamont, azienda protagonista nel campo delle bioplastiche e della riconversione di alcuni vecchi impianti chimici, come quelli di Porto Torres.
E ancora: Daniela Ducato con Edilana ha lanciato l’utilizzo della lana sarda per sviluppare pannelli per l’isolamento termico e la fonoassorbenza; Silvia Dalla Valle con Stone italiana realizza pavimenti di lusso a partire da scarti di altre produzioni; Lucia Corti ed Elena Rigano – attraverso il Laboratorio di Architettura Ecologica – si sono specializzate nella riqualificazione energetica di edifici storici (aggiudicandosi il Premio CasaClima Award). E Barbara Ceschi con Equilibrium, che produce il Natural beton, biocomposto frutto della combinazione di truciolato di canapa con un legante a base di calce idrata e additivi naturali.
Settore tessile e moda? Ecco Claudia Lubrano con Ecogeco – tessuto Genova ecologico realizza un denim da cotone biologico, con tintura a basso impatto ambientale a base di indaco naturale; Anna Grindi e il suo Suberis, “tessuto non tessuto” al 100% naturale, antibatterico e antiallergico, ricavato da un mix di sughero e cotone, seta, canapa; Claudia Ferri, Jessica Basile, Giovanna Eliantonio, Valentina Natarelli ovvero “The Babbionz”, realtà abruzzese specializzata nella creazione di capi d’abbigliamento, accessori e oggettistica per la casa, nata con l’idea di re-inventare la moda di oggi attraverso il riuso di abiti vintage e di vecchi oggetti, scampoli di tessuti, avanzi di filati e il recupero delle tecniche del lavoro fatto a mano.
E c’è chi trasforma i rifiuti in risorsa, come Carla Poli, che nel Centro Riciclo Vedelago riceve le frazioni secche dei rifiuti industriali e urbani, li seleziona, smista, e rinvia alle aziende che li usano come materia prima e trasforma ciò che rimane in un granulato di plastica da utilizzare in altri cicli produttivi. In fondo, noi donne siamo capaci di tutto: basta crederci!