Editoriale

Sostenibilità per l’ambiente e l’umanità e avere la consapevolezza di agire per lasciare un futuro migliore (o anche solamente un futuro) a chi verrà dopo di noi: una dichiarazione d’intenti lodevole, che tutti sottoscriviamo, ma che impatta violentemente con ciò che viviamo oggi. Ea volte viene da chiederci in quale mondo schizofrenico viviamo.

Il paradosso della sostenibilità: tra intenzioni e realtà

Parliamo e vogliamo impegnarci per scongiurare i pericoli del cambiamento climatico, dell’inquinamento ambientale e delle conseguenze che porta con sé, ma di fatto intorno a noi vediamo un mondo in stato di guerra e, si sa, le conseguenze dei conflitti in termini di vite umane e di ambiente sono devastanti. Con effetti a lungo termine. L’edizione 2024 del Global peace index, pubblicato a giugno dall’Institute for Economics & Peace emerge che nel mondo sono attivi 56 conflitti, il numero più alto registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale.

L’impronta ambientale della guerra

A gennaio di quest’anno uno studio pubblicato su Social science research network metteva in luce come la guerra nella Striscia avesse comportato una quantità di emissioni di gas che alterano il clima stimata a 281mila tonnellate di CO2, un dato superiore alla quantità della stessa molecola rilasciata nell’atmosfera in un anno da venti Paesi nel mondo. Da qui in poi la situazione è solo peggiorata, lo dice in un’intervista rilasciata ad Altra Economia Matteo Guidotti, chimico e primo ricercatore dell’Istituto di scienze e tecnologie chimiche “Giulio Natta” del Cnr a Milano, che studia i danni ambientali dei conflitti, come quello che si sta verificando a Gaza.

Per la guerra in Ucraina poi si parla di ‘ecocidio’. L’Ucraina è un Paese che possiede preziose risorse naturalistiche, ha il 35% della biodiversità europea e la guerra ha portato danni ambientali stimati sui 46 miliardi di dollari (e sono tuttora in crescita), considerando sia i “danni diretti” agli ecosistemi, sia la contaminazione da metalli pesanti e altre sostanze tossiche dovuta all’uso di munizioni e mezzi militari, così come le conseguenze dei bombardamenti e della distruzione di migliaia di infrastrutture contenenti sostanze pericolose.

D’altra parte, anche le macchine complicano la vita alla sostenibilità per l’ambiente: l’AI si dimostra energivora e aziende come Google, Amazon e Microsoft hanno cominciato a investire in energia nucleare.

Ma ci possono essere altre proposte al proposito. Il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci ha messo in atto un progetto Fatti per capire, voci della ricerca su temi controversi, in cui ricercatori con competenze specifiche approfondiscono argomenti di interesse pubblico. Un interessante articolo parla appunto dell’Impatto ambientale dell’Intelligenza Artificiale: e delle possibili soluzioni, interessante visto che, secondo i dati dell’Agenzia Internazionale per l’energia (IEA), nel 2022 i centri elaborazione dati (data center), che includono quelli necessari per le applicazioni di Intelligenza Artificiale, hanno consumato tra l’1,4 e l’1,7% dell’elettricità globale; assieme alle reti di trasmissione dati hanno causato circa l’1% delle emissioni di gas serra. Per mettere questo dato in prospettiva, l’intero settore dell’aviazione causa circa il 2,5% delle emissioni annue globali.

Non è un quadro molto confortante, ma la realtà raramente lo è: questo non vuol dire però tirarsi fuori da un impegno sociale e individuale che, anzi, è ancora più necessario e deve essere  portato avanti con convinzione. In fondo, tutto questo significa solo riflettere sulla nostra condizione umana. Dati positivi ci sono, si moltiplicano le iniziative e l’informazione viaggia veloce. E, con l’ottimismo della volontà, si può continuare a credere di potere cambiare se non tutto, almeno qualcosa.

 

 

 

 



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