Prosegue senza sosta la crescita del mercato dei prodotti biologici: secondo l’UK Department for Business, si è passati dai 4.5 mila milioni di dollari del 2003 ai 78 mila milioni di dollari del 2012.
Le attività legate al contenimento delle emissioni di CO2 generano ritorni positivi sugli investimenti, in media del 33% – eccedendo di molto il costo del capitale che si aggira sull’ 8-12% (CDP Carbon action report, 2013). Gli impatti ambientali sono il 3° fattore di scelta per i consumatori europei, dopo la qualità e il prezzo (Eurobarometers 2009, 2013).
In totale, sono state identificate 80 principali metodologie per l’analisi a livello aziendale della rendicontazione di gas serra (studio CE, 2010), e ad oggi nel mondo esistono oltre 460 marchi ambientali.
Prendendo in esame alcune indagini è risultato che:
– il 26% dei cittadini europei compra sovente prodotti ecocompatibili, il 54% lo fa qualche volta (Eurobarometer 367, 2013);
– il 39% dei consumatori ritiene che le affermazioni delle compagnie riguardo l’ambiente non sono accurate (GFK, 2011);
– il 48% dei consumatori considera le attuali etichette ambientali poco chiare (Eurobarometer 367, 2013)
– soltanto il 6% dei cittadini europei si fida completamente delle dichiarazioni dei produttori sulle prestazioni ambientali dei propri prodotti (Eurobarometer, 2009).
Si tratta di una fase cruciale per quel che concerne il mercato dei prodotti e servizi ecologici. Ciò che è stato fatto finora a livello normativo non sembra più sufficiente. Servono probabilmemte una una standardizzazione delle metodologie di valutazione degli impatti ambientali di prodotto e di processo, delle indicazioni più precise sulle certificazioni da privilegiare e il massimo sforzo da parte di autorità pubbliche e rappresentanze (associazioni di categoria e associazioni di consumatori) nel fornire agli utenti finali informazioni trasparenti circa l’impatto delle scelte d’acquisto.