La Formica di fuoco

© AntWeb.org / CC BY-SA 3.0

di Athene Noctua   

La notizia: la ‘formica di fuoco’ (detta anche la ‘formica invincibile’) è stata segnalata anche in Italia. Per quanto mi è dato sapere in particolare nella bella Sicilia.

La cosa è a dir poco allarmante perché la Solenopsis invicta (è il nome con cui gli entomologi l’hanno chiamata) è considerata una delle specie più devastanti in grado di arrecare gravi danni ai campi coltivati, influenzare la biodiversità in modo negativo essendo predatrici di altri artropodi, piccoli vertebrati, sostanze vegetali oleose e/o zuccherine e di cagionare danni agli impianti elettrici.

https://entnemdept.ufl.edu/

I danni arrecati nei soli Stati Uniti sono stimati, ogni anno, a 6 miliardi di dollari (dato fornito da Mattia Menchetti, dell’Istituto Spagnolo di Biologia evoluzionistica).

L’esperto, Davide Turrini, riporta che in un rettangolo di terreno di (200 x 250 m) del siracusano ha censito ben 88 nidi di queste aggressive formiche; e non si può neppure escludere che alcune colonie non possano formare una vera e propria super colonia in cui agiscono più regine.

Tenendo conto che, in virtù degli scambi internazionali delle merci, in poco meno di 100 anni, le formiche invincibili dall’America del Sud hanno invaso Australia, Cina, Caraibi, Messico e Stati Uniti: la conquista dei territori italici era inevitabile, e così è stato. In questi casi scivolare nell’allarmismo è anche troppo facile, ma è innegabile che le S. invicta rappresentino una bomba innescata da non trascurare.

Strategie di lotta

Non mi sono note tecniche di lotta con formulati insetticidi anche se in linea di principio la tecnica dei pali iniettori potrebbe essere presa in considerazione (geo disinfestazioni), ignoro anche se esistano esche alimentari appetibili (e all’uopo autorizzate). Mentre è segnalato l’uso di ditteri parassitoidi del genere Phoridae e precisamente le specie Pseudacteon tricuspis e Pseudacteon curvatus o i predatori per eccellenza ovvero l’introduzione dei formichieri. Magari il  Myrmecophaga tridactyla (ovvero il formichiere americano gigante, detto l’orso delle formiche). È segnalato un esemplare in quel di Bussolengo (comune italiano di 20.640 abitanti della provincia di Verona).

 

Morfologia

Le formiche di fuoco sono di piccole dimensioni (le operaie hanno una lunghezza di 2-4 mm) di colore bruno rossastro così come la regina che però ha dimensioni maggiori: 6-8 mm). Sono dotate di un pungiglione avvelenato.

Natura chimica del veleno e ipotesi di utilizzo terapeutico

La natura chimica del veleno di queste formiche guerriere è costituito da più metaboliti, ma il principale è la solenopsina (un alcaloide appartenente alla classe delle piperidine, con proprietà emolitiche e citotossiche). Questa sostanza in particolare è in grado di produrre un dolore talmente bruciante da dare loro anche il nome di formiche di fuoco.

Ma come sempre più spesso avviene, le ricerche farmacologiche di questi ultimi tempi nell’ambito dei cosiddetti veleni con cui insetti, ragni e serpenti attuano le loro lotte di sopravvivenza dimostrano il poter essere usati come farmaci, anche la solenopsina sembra dare positivi riscontri nella terapia della psoriasi e della tripanosomiasi americana (malattia di Chagas) provocata da un parassita (Trypanosoma cruzi), diffusa in Centro America e Sudamerica, che può danneggiare seriamente il cuore (miocardiopatia chagasica cronica), l’apparato digerente e intestinale. Che, a tutt’oggi, non sembra poter essere curata efficacemente.

Alcune considerazioni di carattere generale

Esplorare l’universo ‘formiche’ equivale a inoltrarsi in un mondo ricco di sorprese, una specie di fisica quantistica dell’entomologia. Con la differenza che mentre il mondo dei quanti incute, ai più, un reverenziale timore mentre le formiche ci sembrano insetti noti, quasi banali. Ma i mirmecologi raccontandoci le loro osservazioni ci dimostrano esattamente il contrario: “Con le loro 10.000 specie hanno dimostrato capacità di sopravvivenza, diffusione e dominazione del territorio mettendo in atto doti organizzative e di collaborazione invidiabili”. Tanto che più di un entomologo-mirmecologo le ha definite il progetto naturalistico più riuscito al mondo.



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