È una realtà con cui il mercato si confronta: per farlo crescere è necessaria la consapevolezza che è un percorso che continua.
Voci e consigli dagli esperti
Vittoria Orsenigo
Dagli Usa due voci che sul green cleaning ne sanno molto: Stephen Ashkin e Jennifer Meek. Il primo, il ‘padre’ del green cleaning, Executive Director del Green Cleaning Network e presidente di The Ashkin Group, ultimamente ha lanciato una ‘sfida’ ai prodotti chimici ‘verdi’; la seconda, che per diversi anni si è occupata del green cleaning, e ora è direttore marketing per CharlotteProducts/Eviro-Solutions, consiglia di mantenere alta l’attenzione, per non cadere in facili entusiasmi.
“Sono stato uno dei principali sostenitori per prodotti chimici più sicuri e più sani da 25 anni – afferma Stephen Ashkin – e ora la direzione che sto per prendere potrebbe sorprendere: dall’uso di prodotti più sicuri verdi al ‘non utilizzo totale dei prodotti chimici”. Una dichiarazione di intenti piuttosto sconcertante, che penso susciterà non poche polemiche. Diverso il discorso della Meek, che considera come ora in tutto il Nord America sia stato adottato un approccio ‘green’, che non si limita all’utilizzo di prodotti verdi, ma adotta procedure e pratiche ormai considerate essenziali per un efficace programma di green cleaning.
Qual è, allora, la preoccupazione? Per molti esperti è il fatto che i Facility manager e i professionisti della pulizia siano soddisfatti dello status quo e lo considerino un dato acquisito, che non va più messo in discussione: si è imparato tutto ciò che c’era da imparare. Ma questo compiacimento si dimostra un boomerang, perché è facile che chi si occupa di pulizia professionale inizi a dimenticare le buone pratiche ‘verdi’ e torni a utilizzare i prodotti tradizionali, abbandonando le ‘buone’ procedure. Ecco perché è necessario mantenere ben vivo l’interesse per non cadere in queste facili trappole.
La Meek suggerisce di essere sempre alla ricerca di nuove tecnologie: le performance di alcuni prodotti green della prima generazione non sempre sono risultati soddisfacenti. Ma molti produttori illuminati sono arrivati fino alla quarta generazione di prodotti verdi, migliorando efficacia, prestazioni e prezzi.
Se è buona pratica selezionare un unico fornitore di prodotti green (per la sua conoscenza approfondita delle esigenze del committente), anche conoscere ciò che propone la concorrenza può essere vantaggioso, per attivare una sana competizione (e per acquisire prodotti che l’attuale fornitore non ha in catalogo).
Il confronto con altri che operano nello stesso settore – con incontri ad hoc – può fornire utili spunti sulla gestione e sugli acquisti sempre più all’avanguardia nell’ottica ‘verde’.
Anche la formazione degli addetti alle pulizie è uno strumento da non dimenticare: anche in questo settore si parla di formazione continua, necessaria sia per informare su nuove metodologie e prodotti, sia per motivare una scelta di base. E non è tutto…
In conclusione, Jennifer Meek sottolinea l’importanza di non dare nulla per scontato, ma considerare il green cleaning come un percorso in continua evoluzione: l’immagine che dà è quella di un treno che esce dalla stazione, in graduale movimento ma guadagnando costantemente slancio. Il treno è sempre lanciato in avanti e così lo sono i progressi nelle tecnologie e nei prodotti per un vero ‘green cleaning’.
Voce fuori dal coro
Abbiamo lasciato in attesa Stephen Ashkin: da cavaliere ha ceduto il passo alla Meek, ma ora vediamo cosa ha da dire. Dopo avere affermato quanto sia cambiato radicalmente il settore della pulizia professionale – da una iniziale resistenza al concetto del green cleaning alla scelta convinta di strumenti, prodotti e sistemi per un approccio evoluto – Ashkin sostiene che la pulizia delle superfici (soddisfacendo gli standard), senza l’utilizzo di sostanze chimiche – verdi o meno – può rappresentare uno sviluppo molto significativo, sia per chi utilizza i prodotti, sia per la sostenibilità ambientale. “Dopo tutto, per un tipico edificio americano vengono usati per le pulizie circa 1.600 chili di prodotti chimici ogni anno. E circa sei miliardi di libbre di sostanze chimiche sono utilizzate ogni anno negli Stati Uniti”.
Ma cosa comporta la pulizia senza prodotti chimici? Oltre a un problema per i produttori, ovviamente…
Ashkin continua affermando che non si tratta semplicemente di pulire le superfici con acqua eliminando le sostanze chimiche: si tratta, invece, dell’adozione di diverse tecnologie di trattamenti, già in uso per pulire molte strutture, come i vari sistemi a vapore, che si sono dimostrati efficaci nella pulizia di pavimenti, infissi… Con alcuni sistemi, il calore prodotto, circa 248 gradi Fahrenheit (120 °C), è sufficiente per uccidere molte forme di germi e batteri, per emulsionare grasso e olio, e per eliminare altri contaminanti.
Vi sono anche sistemi che utilizzano acqua ‘attivata’ e l’elettrolisi dell’acqua: sono diversi e utilizzati per scopi differenti, ma in comune hanno l’uso dell’elettricità per trasformare l’acqua in un detergente, senza addizionarla con prodotti chimici.
Pro e contro
Stephen Ashkin fa qualche considerazione: “Come si può immaginare, non tutti nel settore della pulizia professionale, né del Facility Management, stanno saltando sul carro di una pulizia priva di sostanze chimiche. Molti si pongono seri interrogativi su come usare i prodotti chimici per la pulizia, quali saranno le superfici veramente prive di batteri? C’è bisogno di più tempo e di lavoro per la pulizia con attrezzature prive di sostanze chimiche? Sono sistemi di pulizia più costosi rispetto ai sistemi tradizionali?”
Attualmente non si può dire che vi siano tutte le risposte e che – soprattutto – siano completamente soddisfacenti.
Alcune situazioni hanno avuto un vantaggio dal mancato utilizzo di prodotti chimici, mentre in altre era più soddisfacente ricorrere a un uso tradizionale. Molto probabilmente, con l’ampliarsi di queste esperienze, con l’avanzamento delle tecnologie, si avranno informazioni più complete ed esaurienti sulla direzione da prendere.
In conclusione, “Mentre non credo che arriveremo a una fase in cui la pulizia senza prodotti chimici diventerà il modus operandi, come è invece stato il caso del green cleaning – afferma Ashlin – sta diventando sempre più chiaro per me, così come per molti nel settore della pulizia professionale (tra cui molti fabbricanti di prodotti chimici), che la pulizia senza sostanze chimiche e le tecnologie giocheranno un ruolo molto più importante nella pulizia professionale negli anni a venire. Probabilmente seguirà un andamento simile a quello dei prodotti chimici green”.
Inizialmente, infatti, c’era una notevole resistenza e incomprensione sui prodotti per la pulizia ‘verde’. Poi, l’introduzione delle certificazioni, di tecnologie avanzate, e una migliore comprensione di come agiscono i prodotti ambientalmente preferibili, insieme alla loro comprovata efficacia, hanno vinto questa la resistenza.
Questa è la convinzione di Ashkin, anche rapportata – e credo sia importante – a una realtà statunitense, per molti versi differente dalla nostra. Sarà la strada del futuro?
Se qualche produttore – o utilizzatore – volesse provare a rispondere…
(Cleaning Community Magazine, n. 1 – 2014)