ICA e AMR: le sigle che spaventano – 1. Quadro generale

di Chiara Merlini

  1. ICA e AMR – IL QUADRO GENERALE
  2. ICA e AMR – LA PANDEMIA SILENZIOSA
  3. ICA e AMR – LE AZIONI: PREVENZIONE, PNCAR, FORMAZIONE

1. IL QUADRO GENERALE

Parliamo ancora delle Infezioni Correlate all’Assistenza, la Pandemia silenziosa, come è stata chiamata spesso, un tema ancora troppo attuale che impegna il settore sanitario a livello mondiale.

Infatti, le ICA, patologie che sono strettamente legate alla resistenza agli antibiotici (AMR), rappresentano la complicazione più frequente e grave dell’assistenza sanitaria e possono verificarsi in ogni luogo in cui questa si svolge, dagli ospedali alle RSA, dai Day-hospital agli ambulatori e così via.

I numeri danno la dimensione del problema: ogni anno, in Europa si hanno 16 milioni di giornate di degenza in più a causa delle ICA e i decessi direttamente imputabili sono 37.000, mentre per 110.000 morti le infezioni sono una causa concomitante (e pare che le cifre siano sottostimate). Il calcolo effettuato seguendo il protocollo dell’ECDC, European Centre for Disease Prevention and Control, a causa delle ICA, ogni 100 pazienti 6,3 si ammalano, mentre nell’assistenza domiciliare il rapporto è di 1 su 100.

Si comprende quindi facilmente come queste infezioni rappresentino una gravissima minaccia per la salute pubblica, nel nostro Paese e nel mondo, ma anche un grande fardello per l’economia, perché i 16 milioni di giornate di degenza in più hanno un costo stimato intorno ai 7 miliardi di euro, che vengono così sottratti ad altri possibili impieghi (e sappiamo quanto il settore sanitario abbia bisogno di fondi!).

Le porte alle ICA

Le vie d’accesso ai microrganismi causa di infezioni possono essere molte e diverse, così come la trasmissione. La via aperta alle infezioni può essere legata a dispositivi medici invasivi, interventi chirurgici lunghi e complicati che da una parte consentono possibilità terapeutiche di indagini (ed esiti) migliori, però possono anche aprire la strada a microrganismi là dove non devono esserci.

Terreno fertile per le ICA è il tratto urinario (le infezioni urinarie sono il 35-40% di tutte le ICA), l’apparato respiratorio, le ferite chirurgiche, le infezioni sistemiche, cioè quelle che interessano l’intero organismo, non solamente un apparato (sepsi, batteriemie).

Come per le altre infezioni, la trasmissione può avvenire per contatto diretto, soprattutto attraverso le mani, per via aerea o indirettamente per il contatto con oggetti contaminati.

Ma c’è un’altra causa che a tutt’oggi, e con le tremende esperienze passate in questi anni di pandemia da Covid-19, diventa quasi inconcepibile: la scarsa igiene e sanificazione.

Sia la carenza di pulizia e sanificazione dell’ambiente, sia dello stesso personale: se manca la prevenzione e la conoscenza delle procedure corrette, all’iniziale patologia di chi si trova in questi luoghi si aggiunge un fattore di rischio e di pericolosità troppo sottovalutato. Questo è un punto cruciale, perché imputabile a una cattiva gestione, a un mancato controllo e all’impreparazione del personale.

AMR, la resistenza agli antibiotici

Non si può parlare di ICA senza indicare lo stretto legame che hanno con l’antibiotico resistenza (AMR, Antimicrobial Resistance o ABR). Gli antibiotici nel tempo sono diventati armi spuntate: dopo aver rivoluzionato il mondo della medicina e usati da anni ora non rappresentano più una via certa per assicurare la guarigione, la loro efficacia va spegnendosi.

E questo, ovviamente, porta una valanga di problemi. Se da una parte c’è la mancanza di efficacia dei farmaci, dall’altra c’è carenza di nuovi antibiotici e un rallentamento nell’impegno della ricerca di nuove alternative valide.

Una recente analisi ha calcolato che gli effetti dell’AMR e delle conseguenti ICA, causano circa 50.000 decessi ogni anno solo in Europa e Stati Uniti e che in assenza di interventi efficaci, entro il 2050 il numero di ICA complicate da AMR potrebbe provocare la morte di 10 milioni di persone l’anno.

Quali sono i batteri resistenti all’antibioticoterapia?

Nel tempo sono cambiati i microrganismi resistenti ai farmaci: fino agli anni 80 si trattava soprattutto di batteri gram negativi, come l’Escherichia coli e la Klebsiella pneumoniae, in seguito, anche per l’aumentato uso di antibiotici e del maggiore uso di presidi sanitari in plastica, sono aumentate le infezioni da gram positivi, soprattutto Enterococchi e Stafiloccoccus epidermitis (che è in grado di contaminare dispositivi medici) e quelle da miceti (soprattutto Candida). A questi si aggiungono anche alcuni gram negativi, come gli enterobatteri produttori carbapenemasi (CPE) e Acinetobacter spp., responsabili di gravi infezioni.

Il batterio New Delhi

Si è parlato molto della diffusione del batterio New Delhi, un ceppo nuovo di Klebsiella, che prende il nome dalla sua prima identificazione nel 2008 in un cittadino svedese precedentemente ricoverato in India, a New Delhi.

Questo batterio contiene l’enzima Ndm, New Delhi Metallo beta-lactamase, in grado di distruggere molti tipi di antibiotici, di rompere i legami chimici dell’anello beta-lattamico, che costituisce una parte importante di molti antibiotici come penicilline, cefalosporine e soprattutto i carbapenemi, utilizzati per le infezioni gravi.

Gli studi hanno dimostrato che i batteri con questo gene hanno avuto origine nelle acque del fiume Gange a causa del suo degrado. Qui, infatti, si versano una grande quantità di rifiuti industriali, ma anche dalle fognature delle grandi città sul fiume. A questi ultimi in particolare è stata correlata la comparsa di questi batteri ‘mutati’ con l’inserzione del gene bla NDM-1, con l’arrivo dei residui con le deiezioni di animali e delle persone sottoposti a terapia proprio con gli antibiotici.

Si tratta quindi di una resistenza ‘acquisita’, perché i microrganismi prima sensibili agli antibiotici mutano il loro patrimonio genetico e ne diventano insensibili. I ‘figli’ di questi batteri, a loro volta, avranno queste caratteristiche (trasferimento verticale), ma i caratteri ‘mutati’ possono anche ‘passare’ ad altri batteri anche di specie diversa (trasferimento orizzontale). E il danno si può facilmente immaginare.

L’OMS e le cause dell’AMR

Ma gli antibiotici non vengono impiegati solamente per uso medico (e le spinte per diminuirne il consumo sono forti), gli antibiotici vengono utilizzati anche negli allevamenti, e questo rappresenta un grave problema, perché nell’ambiente ne vanno disperse enormi quantità, che favoriscono la resistenze nei batteri e la conseguente trasmissione alimentare agli esseri umani.

L’OMS dal 2001 ha anche esortato gli operatori sanitari a diminuire l’uso ‘a tappeto’ di antibiotici (e carbapenemici) per non indurre un aumento di resistenza alle malattie batteriche.

Dai dati emersi, infatti, risulta evidente che la resistenza agli antibiotici dipende dall’uso eccessivo e irrazionale di antibiotici, e questo a livello mondiale.

Da qui le indicazioni per diminuirne l’uso: Europa, Canada e Stati Uniti negli ultimi anni hanno ridotto il consumo di antibiotici, in India, nell’Africa sub-sahariana, nell’America Latina e in Australia è ancora in aumento.

Quindi, nell’ampio panorama della resistenza agli antibiotici, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne ha segnalato le principali cause:

– eccessiva prescrizione di antibiotici (nei pazienti umani)

– interruzione dei trattamenti antimicrobici

– eccessi di uso negli allevamenti e in acquacoltura

– scarso controllo delle infezioni nelle strutture sanitarie

– scarsa igiene personale

– mancanza di nuovi antibiotici

Continua

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