Greenwashing, il grande bluff

di Chiara Merlini

Green è bello, green è giusto, green è responsabilità: c’è un grande movimento diffuso all’insegna della sostenibilità, le Aziende sono sensibili e agiscono su questo fronte, ma…

Come in tutte le cose, c’è un ‘ma’. A fronte della responsabilità chiesta alle aziende (e non solo) per essere in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, esiste un fenomeno che in maniera subdola va a minare il risultato di tanto impegno.

Si tratta del greenwashing. Se ne è parlato molto, ma continua a essere un tema ‘caldo’ per le conseguenze che può avere, tanto che le legislazioni dei vari Paesi si sono mosse per delineare linee di comportamento chiare e consapevoli e per mettere in guardia dall’equivoco equivoco in cui si può cadere prestando fede a dichiarazioni che non hanno corrispondenza con la realtà.

Il greenwashing viene definito come “una pratica commerciale scorretta e attuata ai soli fini di marketing, tale da indurre in errore il consumatore, con la quale l’impresa vanta virtù ambientali che in realtà non possiede”.

 

Il Codice di Autodisciplina pubblicitaria pubblicato nello IAP (Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria) del 2014 afferma che la comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili.

Come il termine green risulta quasi invasivo (non c’è settore in cui non venga quotidianamente citato, a proposito o a sproposito) greenwashing lo segue, magari un po’ alla lontana, ma è una parola importante. Perché definisce il grande bluff, la mistificazione per cui un prodotto, un’azione, un’operazione, una scelta indossano una patente di autorevolezza, di responsabilità, di sensibilità e si propongono all’incauto con decisione e invasività.

La normativa, a livello nazionale e internazionale se ne occupa da tempo e aggiorna e vuole definire sempre più dettagliatamente i criteri per individuare questa ‘pratica viziata’, con chiarezza e determinazione. E questo mostra come il tema sia ‘caldo’ e quanto forte sia l’impegno perché la comunicazione sul tema green sia chiara, univoca e più precisa possibile. A tutela di chi invece non millanta nulla e le sue proposte sono verificabili e realmente ‘green’.

Il greenwashing quindi viene definito come una pratica di marketing ingannevole che presenta un prodotto, un servizio, un’azienda come ecologico o sostenibile ma non dà prove concrete o verificabili. L’origine del nome non è recente: Jay Westerveld, americano e ambientalista, fu il primo a usarlo (e crearlo) nel 1986. Lo aveva coniato per indicare con disapprovazione la pratica di alcune catene alberghiere di invitare i propri clienti a riutilizzare i loro asciugamani, facendo leva sull’impatto ambientale del lavaggio della biancheria. In realtà, però, l’invito posto dagli alberghi aveva come obiettivo il taglio dei costi di gestione dei lavaggi.

Primo esempio chiaro di come il greenwashing sia una strategia di marketing che sfrutta la sostenibilità ambientale a puro scopo economico, senza un vero interesse verso le politiche ambientali (anche se in verità, in questo caso, se lo guardiamo con gli occhi di oggi, i due propositi non sono così distanti, anzi).

Come viene attuato il greenwashing? I modi di proporlo sono tanti, ed è necessario essere preparati e informarsi accuratamente, perché possono essere molto diversi (v. Box), e svilupparsi con il nascondere la verità, oppure non dimostrare, essere vaghi, e anche usare etichette false…

Insomma, i modi per aggirare la verità sono moti e diversi, tutti mirano però allo scopo di recuperare un’anima immacolatamente… verde.

Quali sono i segnali del greenwashing?

Come si può stabilire che un’azienda faccia greenwashing? Per accertare che un prodotto o un servizio siano realmente green, secondo la Federal Trade Commission degli Stati Uniti, va prestata attenzione a questi aspetti:

– Cercare un’etichetta che spieghi l’impatto ambientale positivo di un prodotto con un linguaggio semplice e senza usare frasi ad effetto

Le dichiarazioni di marketing devono essere chiare e dire se si riferiscono all’imballaggio, al prodotto stesso o a una parte di entrambi

– Il linguaggio del marketing non deve essere esagerato o implicare un beneficio ambientale più significativo di quello che potrebbe fornire

– Quando il prodotto si confronta con un altro brand deve mostrare le prove a sostegno della propria tesi

 

Per una comunicazione chiara

In Italia, nel Forum per la finanza sostenibile dello scorso anno, nel paper “Greenwashing e finanza sostenibile: rischi e risorse di contrasto”sono state presentate le Linee guida per contrastare il fenomeno.

Ecco le raccomandazioni per sviluppare politiche di sostenibilità efficaci e una comunicazione esente da greenwashing:

– Identificare obiettivi di sostenibilità e comunicare in modo trasparente sia i principi generali a cui fanno riferimento, sia le ragioni che hanno portato a scegliere ogni specifico obiettivo

– Dettagliare il percorso per raggiungere gli obiettivi prefissatiesplicitando tempi, modi e obiettivi intermedi

Esplicitare le metodologie di misurazione dei Key Perfomance Indicator (KPI) scelti per monitorare il raggiungimento degli obiettivi, chiarendone i pro e i contro

– Definire le modalità di reperimento dei dati ESG dettagliando le fonti, la tipologia dei dati, le metodologie di raccolta delle informazioni e, infine, il grado di affidabilità e verificabilità sia dei dati, sia delle fonti

– Verificare i dati ESG divulgati e i progressi realizzati nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ricorrendo a una terza parte indipendente (preferibilmente pubblica)

– Dialogare con gli stakeholder (incluse ONG e comunità locali) e pubblicare rendicontazioni dettagliate sui sog-getti coinvolti, sulle modalità di svolgimento del processo di dialogo e sui risultati raggiunti

– Comunicare in modo accurato, prestando particolare attenzione alla selezione dei contenuti e alla verificabilità di tutte le informazioni divulgate.

 

*Planet Tracker è un think thank finanziario senza scopo di lucro che produce analisi e report mirando a realizzare un sistema finanziario allineato a un’economia a zero emissioni e positiva per la natura.

 

 



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