“Esportare la dolce vita”, nuovi scenari per il made in Italy

Allentato il morso della crisi, nei mercati avanzati si torna a spendere. Questa è l’importante novità negli scenari economici che amplia lo spazio di manovra delle imprese italiane del “bello e ben fatto” (BBF) e rimette pienamente in gioco il loro caratteristico talento empatico. Un tratto cruciale per sintonizzarsi con un consumatore che, se è riemerso dalle ristrettezze, non è comunque più quello di prima. Nuovi bisogni si intravedono sotto il pelo dell’acqua: come intercettarli e trasformali in offerta di prodotti e servizi, in ulteriori redditizie nicchie di mercato?

Questa rinnovata vivacità della domanda nei mercati avanzati è messa in piena evidenza dalle componenti che guidano la ripresa nei prossimi anni, che sarà trainata dai consumi. Nella previsione 2017-22 alla base di questa edizione del rapporto Esportare la dolcevita” (EDV) i consumi cresceranno mediamente di due decimi di punto più del Pil.

Inoltre se è vero che permarranno molte incognite, soprattutto geopolitiche, in grado di rimettere in discussione il potenziale di assorbimento di molti mercati, quelli avanzati sono, comunque, strutturalmente più solidi e si prestano come mete più sicure per le Pmi italiane.

Non bisogna tuttavia guardare agli avanzati e agli emergenti come alternativi. Uno dei vantaggi conseguibili dal rafforzamento della presenza nei mercati maturi è quello di raccogliere risorse e competenze da poter investire in destinazioni più rischiose, ma spesso con potenziale a lungo termine più elevato. EDV ritornerà perciò ad occuparsi dei mercati emergenti nell’edizione del 2018 monitorando così d’ora in poi ad anni alterni gli uni e gli altri.

Come in ogni fase di grande cambiamento, anche oggi per fare un balzo in avanti occorre partire dei fondamentali cosa c’è all’origine del successo del “bello e ben fatto” italiano? Qual è la formula vincente che accomuna prodotti di settori così diversi che nel e dal mondo sono tutti percepiti, singolarmente e soprattutto nell’insieme, come distintivi dell’eccellenza italiana?

Cultura e saper fare, estetica coniugata a capacità tecnica e tecnologia sono le colonne portanti del BBF italiano, che ha saputo trovare il punto di equilibrio tra bellezza e utilità, tra fascino e funzione, per raggiungere lo scopo essenziale: conquistare il consumatore, parlando contemporaneamente al suo cuore e alla sua mente, alle sue passioni ed emozioni e alla sua convenienza e capacità di comparare, esaltata ancor più da internet.

Come rinnovare questo successo nel mondo che cambia? Quali sono i semi da coltivare per rigenerare il tratto distintivo del BBF italiano?

L’Italia ha tre asset fondamentali da giocare: il patrimonio culturale unico al mondo per dimensioni e qualità; il paesaggio incantevole, variegato, modellato nei secoli dall’instancabile lavoro dell’uomo, denso di sapere accumulati; la vocazione manifatturiera.

Quel patrimonio e quel paesaggio diventeranno sterili se non maturiamo tutti, da cittadini italiani, l’adeguata consapevolezza del loro valore inestimabile, valore come fonte di creatività e talento, come materia prima delle imprese italiane del BBF e della loro fitta rete di interlocutori e ispiratori (chef, stilisti, artigiani, architetti, designer, artisti, web-designer). Consapevolezza che conduca alla logica conseguenza pratica e comportamentale di investire nella loro conoscenza e nella loro preservazione (non mera conservazione fine a se stessa) come tratti identitari del paese e della sua popolazione.

Facendo leva su questi asset, secondo lo scenario base, presentato in questa edizione di EDV, nel 2022 i 31 mercati avanzati analizzati importeranno dall’Italia 70 miliardi di euro di prodotti belli e ben fatti (BBF), rispetto ai 59 del 2016; quasi 12 miliardi in più, una crescita del 20%. Questo scenario è prudente perché ipotizza che le quote di mercato dell’Italia rimangano invariate.

Il tono più moderato del ritmo di sviluppo atteso per i mercati avanzati, rispetto a quello doppio stimato per gli emergenti nella precedente edizione, non deve offuscare la dimensione assoluta delle opportunità, ben più significativa: nell’orizzonte di previsione il potenziale di mercato BBF degli avanzati è pari a tre volte quello degli emergenti.

In EDV di quest’anno viene presentato, seconda grande novità, anche uno scenario più ambizioso in cui si ipotizza che i settori BBF italiani riescono ad aumentare le quote di mercato, guadagnando ulteriori 6,9 miliardi di euro,portando il valore dell’import dal Bel Paese a 76,9 miliardi nel 2022 cosicché la crescita totale salirebbe al 31%. L’aumento è calcolato applicando all’Italia in ogni settore BBF lo stesso guadagno di quota registrato nei primi sette mercati avanzati dal paese che ha avuto la migliore performance durante il periodo 2011-2015 (dalla stessa Italia nel caso sia stata già il best performer).

La credibilità di questo secondo scenario risiede proprio nell’ipotizzare dinamiche già realizzate nella storia recente e nello scegliere concorrenti con cui confrontarsi solo paesi simile all’Italia per collocamento di fascia di mercato e struttura di costi. Quindi, se, ad esempio, l’alimentare BBF italiano riuscisse nei prossimi sei anni ad avere la stessa performance che ha avuto negli ultimi quattro anni la Francia negli USA o la Spagna in Francia, potrebbe guadagnare oltre un miliardo in più di maggiori vendite estere in questi due soli mercati.

Non sono solo le grandezze economiche in gioco a giustificare l’alternanza nell’analisi tra avanzati ed emergenti che da quest’anno caratterizzerà il progetto EDV. E’ soprattutto anche la ritrovata affinità tra l’offerta di prodotti di qualità e la ricettività della domanda in alcuni dei mercati di riferimento per le imprese italiane, grazie alla ripresa dei redditi e dei consumi dopo gli anni difficili che hanno seguito la crisi del 2008-2009.

A spingere l’attenzione delle imprese verso i mercati avanzati è inoltre il fatto che questi rimangono più accessibili per le imprese del BBF, a fronte di un andamento diventato molto vischioso del commercio internazionale. Al letto delle incognite sul fronte della politica commerciale americana e dell’Hard Brexit, infatti, il livello medio dei dazi, la qualità dei sistemi distributivi locali e i collegamenti logistici sono generalmente più favorevoli, soprattutto per le Pmi. Se, ad esempio, i dazi medi per i settori del BBF nel mondo emergente superano tradizionalmente la doppia cifra, verso gli avanzati quasi il 75% dei flussi di importazione avviene in regime di libero scambio o di accordi preferenziali.

Ancora, la distribuzione commerciale moderna e ben organizzata rappresenta un altro punto di forza di mercati avanzati sul fronte dell’accessibilità. Per le imprese manifatturiere italiane l’assenza all’estero della grande distribuzione di bandiera e le difficoltà nell’aprire filiali commerciali danno al settore retail locale un ruolo centrale per l’ingresso nel mercato e il posizionamento del prodotto BBF. Per quanto di qualità, tuttavia, la distribuzione nei mercati avanzati può risultare particolarmente onerosa, visto il costo crescente degli agenti e le condizioni spesso stringenti imposte dei grandi player del settore. Un canale sempre più importante, da affiancare a quelle tradizionali, è quindi il commercio online.

Una leva notevole è costituita poi dalla sinergia tra BBF e turismo internazionale. Ai mercati avanzati è riconducibile la porzione di gran lunga prevalente degli arrivi in Italia dall’estero (per affari e per piacere). Germania, Stati Uniti e Francia occupano, in particolare, le prime tre  posizioni per provenienza, con complessivamente circa 20 milioni di arrivi all’anno. Questi visitatori sono tutti potenziali clienti e soprattutto ambasciatori del BBF italiano una volta rientrati in patria.

Gli americani, in particolare, mostrano una chiara predilezione per l’Italia, scegliendola come meta di destinazione preferita in Europa. Il Bel Paese soddisfa la loro inclinazione per la cultura, primo elemento di cui tengono conto i turisti statunitensi nel programmare i viaggi; Roma, Venezia, Firenze e altre città d’arte esercitano un grande fascino. Inoltre, tra i paesi di provenienza dei visitatori alto-spendenti, gli USA generano il più alto valore di acquisti: 4,3 miliardi nel 2015 (ultimo anno disponibile), con una media di 1.166 euro di spesa pro-capite.

Se è vero che i mercati avanzati sono più accessibili per dazi, distribuzione e flussi turistici, oltre che per le caratteristiche culturali del consumatore che generano affinità elettive con l’offerta italiana, è altrettanto vero che sono allo stesso tempo estremamente complessi.

I paragrafi settoriali contenuti in questa edizione di EDV documentano come non manchino ostacoli artificiali agli scambi sotto forma di requisiti tecnici e altre barriere non tariffarie. Dal 2008 al 2016 i paesi del G20 hanno implementato più di 4 mila nuove misure protezionistiche. Secondo il rapporto Global Trade Alert, il ricorso a nuove misure è aumentato di più del 50% negli ultimi due anni, registrando il livello massimo dall’inizio della rilevazione nel 2009. I paesi membri del G20 sono responsabili di circa l’80% di queste restrizioni.

Tali ostacoli possono comunque essere superati, come insegna il caso della nautica da riporto italiana. A livello normativo si riscontrano negli USA numerose differenze di standard per la costruzione delle unità da diporto rispetto alle regole dell’UE, in particolare per quanto riguarda regolamenti di sicurezza, sistemi di omologazione e limiti di emissioni gassose (peraltro molto stringenti in alcuni stati). Specifiche tecniche (come il diverso voltaggio dell’impianti elettrici) impongono ulteriori adeguamenti del prodotto al mercato d’Oltreoceano. Nonostante tutto ciò, gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di sbocco al mondo per le unità da diporto (1,5 miliardi di euroil loro import dall’Italia) e, quindi, l’approdo ideale per la vetrina BBF a vela e a motore.

C’è poi la lama a doppio taglio della sofisticazione del consumatore nei mercati avanzati. Da un lato, essa rappresenta certamente un elemento favorevole al BBF italiano perché porta alle imprese un cliente sa premiare e può permettersi il valore della qualità. Dall’altro, implica un acquirente altamente esigente che non si accontenta di un marchio solo perché noto, ma ricerca con senso critico nei beni che compera la rispondenza a veri e propri valori.

È, per esempio, sempre più rilevante il benessere associato alle produzioni, che collega un bene a uno stile di vita e a un sistema di valori che chiama in causa, tagliati, l’origine dei materiali e la tutela della salute. Lo stesso vale per la sostenibilità ambientale, secondo la quale un prodotto viene valutato, oltre che in sé, anche sulla base dell’impronta ecologica e sociale dei processi necessari a fabbricarlo. Questo atteggiamento critico pone le imprese davanti a nuove sfide e le chiama, per esempio, ad attrezzarsi con sistemi e pratiche di Corporate Social Responsability, servizi alla clientela più avanzati, sistemi produttivi che garantiscano la sicurezza, controllo attento della reputazione digitale.

Con quasi 13 miliardi di importazioni dall’Italia nel 2022, gli Stati Uniti continueranno a rappresentare il primo mercato per i prodotti del BBF all’interno dei paesi avanzati.  Saranno anche il più dinamico tra i primi dieci per dimensione, sia in termini assoluti (2,8 miliardi di maggiori importazioni nei prossimi sei anni) sia relativi (28% la crescita cumulata tra il 2016 e il 2022). A renderli particolarmente attrattivi c’è poi la predisposizione agli acquisti di qualità del consumatore americano, derivante da una ricchezza media particolarmente elevata. Con oltre 50 mila euro di Pil pro-capite, ma soprattutto con 37 mila euro di reddito disponibile per consumatore, gli Stati Uniti sono il mercato con il maggiore potere d’acquisto tra gli avanzati, nonché il più grande, considerando una popolazione residente di oltre 320 milioni di persone e un ceto medio di oltre 220 milioni.

Sono elementi particolarmente favorevoli per il settore del BBF e che hanno recentemente sostenuto la crescita del BBF italiano sul mercato americano. In particolare le imprese italiane del BBF hanno conquistato tre 2011 e il 2015 un aumento della quota sulle importazioni americane nella maggior parte dei settori analizzati (alimentare, abbigliamento e tessile-casa, calzature e occhialeria) o, comunque, hanno consentito all’Italia di rimanere il primo esportatore dell’Unione europea in USA (nell’arredamento e nell’oreficeria-gioielleria). Nel complesso il posizionamento italiano negli Stati Uniti ha guadagnato un decimo di punto negli ultimi quattro anni, che si confronta con una caduta di sette decimi di punto nella media dei mercati avanzati.

Tuttavia, in uno scenario shock qui analizzato, in cui si ipotizza che i dazi medi pagati dalle imprese italiane tornino ai livelli del 1989, le stime al 2022 delle importazioni provenienti dall’Italia negli Stati Uniti calerebbero di1,4 miliardi rispetto allo scenario base. Si tratta di oltre il 10% in meno di quanto atteso nei prossimi sei anni per tutti i mercati avanzati e che dimezzerebbe le importazioni aggiuntive degli Stati Uniti dall’Italia. Tra i settori BBF l’alimentare sarebbe il più colpito per dimensione assoluta della perdita, pari a oltre 500 milioni di euro.

Gli Stati Uniti rappresentano, comunque, una grande sfida per le imprese BBF italiane. Infatti, nonostante la quota di mercato in ascesa, il posizionamento dell’Italia nel primo mercato mondiale di tali prodotti è ancora inferiore al potenziale. La quota italiana per l’insieme dei prodotti BBF è al al 5,2%, tre punti percentuali sotto la quota media detenuta dall’Italia nell’insieme dei paesi avanzati. Inoltre, è un dato di fatto come in generale, tra gli oltre 200 mila esportatori italiani (industria e servizi), meno di 40 mila vendono negli Stati Uniti; ciò dipende certamente da fattori oggettivi, primi tra tutti gli oltre 7.000 Km che separano l’Italia dalla costa est americana. In particolare a limitare il posizionamento del BBF italiano sotto il suo potenziale contribuiscono, però, rispetto alle destinazioni europee, anche la minore conoscenza del mercato, l’accessibilità peggiore, per via di standard e norme diversi e più rigidi di quelli UE, e le dimensioni relativamente piccole della maggioranza delle imprese italiane BBF che hanno gli USA come primo mercato di sbocco.

Vista l’importanza degli interessi in gioco, la piena conquista degli Stati Uniti può valere quanto quella di un nuovo continente. Guardando, ad esempio, ai primi 10 stati federati per Pil, la California, economicamente il più grande, ha un reddito complessivo simile a quello francese e nel 2022 importerà dall’Italia 1,5 miliardi di euro di BBF, un valore analogo a quanto importato oggi dal Belgio. Sempre nel 2022 la somma dei flussi di importazioni BBF dall’Italia di New York e New Jersey varrà 6,7 miliardi di euro, pari a quanto importa il Regno Unito. La graduatoria degli Stati federati importatori nel 2022 di BBF dall’Italia prosegue con Florida e Georgia, stimati assestarsi rispettivamente a 675 e 545 milioni di euro. Questi stati, oltre che mercati, sono anche importanti piattaforme logistiche e commerciali per raggiungere altri territori.

Per tagliare i traguardi appena indicati sicuramente saranno importanti interventi specifici e mirati nei diversi settori. Ma ancora più importante, anzi vitale, è alimentare il vantaggio comune delle sinergie trasversali a tutto il BBF nei mercati avanzati, In particolare negli USA. Quel vantaggio che nasce dall’origine e dall’originalità italiane dal marchio del Bel Paese che è unico con molti tentativi di imitazione, sebbene inimitabile, in tutto il mondo. Il significativo differenziale di crescita nei mercati avanzati tra il potenziale al 2022 a quote costanti (70 miliardi) e quello quote crescenti (76,9 miliardi) dà la misura dei risultati concreti che le imprese BBF e il paese potrebbero conseguire con politiche di accompagnamento e di promozione d’insieme.

Per trasformare l’intero potenziale in realtà sono, dunque, essenziali politiche di sistema coordinate e integrate: dalla politica estera a quella per l’internazionalizzazione e a quella per lo sviluppo economico, fino alle politiche del turismo e della cultura. La cultura è qui messa in fondo per evidenziarla di più, perché è il primo motore del successo del made in Italy nel mondo, avanzato ed emergente.



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