Commissione UE: Green Deal e rifiuti alimentari

Il Green Deal europeo e il Piano d’azione per l’economia circolare richiedono un’azione rafforzata e accelerata da parte dell’UE e degli Stati membri per garantire la sostenibilità ambientale dei settori alimentare e tessile, il primo e il quarto settore a maggiore intensità di risorse e “non aderiscono pienamente ai principi fondamentali dell’UE in materia di gestione dei rifiuti, stabiliti dalla gerarchia dei rifiuti“.

Lo spreco alimentare comporta lo spreco di tutte quelle materie prime (acqua, fertilizzanti) e quell’energia che servono a produrre gli alimenti che gettiamo, a trasportarli e a trasformarli. E se gli scarti finiscono in discarica sono una importante fonte di gas che influiscono sul clima  (ad esempio negli USA le discariche sono la terza fonte di emissioni di metano legate all’attività umana).

Ogni anno nell’UE (dati della Commissione) vengono sprecate quasi 59 milioni di tonnellate di prodotti alimentari (131 kg/abitante), per un valore di mercato di oltre 130 miliardi di euro.

Spiega la Commissione: “La lotta agli sprechi alimentari rappresenta un triplice vantaggio: salva alimenti destinati al consumo umano, contribuendo così alla sicurezza alimentare, aiuta le imprese e i consumatori a risparmiare denaro e riduce l’impatto ambientale della produzione e del consumo di alimenti.

 

Con le modifiche alla direttiva rifiuti, la Commissione stabilisce che gli Stati membri adottino “misure adeguate per prevenire la produzione di rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella preparazione, nella vendita al dettaglio e nella distribuzione di alimenti, nei ristoranti e nei servizi di ristorazione, nonché nelle famiglie”.

Intervenendo dunque su tutti gli anelli dalla filiera, l’esecutivo Ue fissa per la prima volta obiettivi vincolanti da raggiungere al 31 dicembre 2030 per la riduzione degli scarti alimentari:

– ridurre la produzione di rifiuti alimentari nella lavorazione e nella produzione del 10% rispetto al 2020 (o rispetto ad un anno precedente se lo Stato è in grado di produrre dati affidabili a riguardo)

– ridurre la produzione di rifiuti alimentari pro capite del 30% (sempre rispetto al 2020) nelle fasi finali della catena del valorevendita al dettaglio e altri settori della distribuzione alimentare; ristoranti e servizi di ristorazione; nelle famiglie.

Per raggiungere questi target la commissione suggerisce di identificare e affrontare le inefficienze della filiera; stimolare i cambiamenti di comportamento e promuovere campagne di informazione; incoraggiare la donazione di cibo e le forme di ridistribuzione.

Cos’è la gerarchia dei rifiuti

La gerarchia dei rifiuti è un ordine di priorità contenuto nella direttiva quadro sui rifiuti (direttiva 2008/98/EC) che stabilisce normative e politiche per il trattamento dei rifiuti nell’Unione Europea. Si tratta di una serie di modalità da privilegiare per gestire i rifiuti con il minor impatto ambientale possibile.

La gerarchia è così composta:

prevenzione

preparazione per il riutilizzo

riciclaggio

recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia

smaltimento

Quest’ordine di priorità indirizza gli stati membri all’adozione di pratiche e politiche che abbiamo come obiettivo primario la riduzione della produzione dei rifiuti. Prima di trovare siti dove smaltire o riciclare gli scarti, i Paesi europei devono quindi prevenirne la produzione. Una priorità che rappresenta un sostegno per l’economia circolare, che è in grado di rispettare questa logica attraverso l’eco-designe la progettazione di prodotti concepiti con materiali sostenibili capaci di evitare la produzione di scarti, adatti per essere separati, riutilizzati e avviati al recupero.

Gli stati membri sono  incoraggiati a utilizzare le opzioni che hanno un maggior risultato ambientale, e si impegnano a mettere in pratica la normativa e la politica in materia di rifiuti in modo trasparente, nel rispetto delle norme nazionali vigenti in materia di consultazione e partecipazione dei cittadini e dei soggetti interessati.

Fonte: Economia Circolare



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