Banca Brics: opportunità per le imprese?

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Il luglio scorso Brasilia ha ospitato il sesto vertice Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), che ha dato alla luce una Nuova Banca per lo Sviluppo (Ndb, New Development Bank) con un capitale iniziale di 50 miliardi di dollari, che successivamente salirà a 100 miliardi.

I cinque paesi, rappresentati dai capi di stato (nel caso indiano, il primo ministro, Narendra Modi), si sono anche accordati sulla nascita di un fondo di emergenza (Cra, Contingent Reserve Arrangement) al quale ciascuno stato contribuirà in ragione del suo prodotto interno lordo.

È l’inizio di un ordine finanziario internazionale nuovo, davvero mondiale e diverso rispetto a quello del Fondo Monetario (Fmi) e della World Bank?

In molti aspetti, sì, il modello Brics è nuovo. I cinque paesi ospitano quasi tre miliardi di abitanti e il 18% dell’economia mondiale; hanno contribuito a più della metà della crescita del Pil mondiale dell’ultimo decennio.

La Russia ne è un forte motore politico; il primo vertice Brics ebbe luogo a Yekaterinburg il 16 giugno 2009. La Cina ne è motore politico, economico e ideologico; propone un modello battezzato “Beijing Consensus” (da Cooper Ramo, 2004), che ha funzionato in Africa e moltissimi altri paesi (dall’Asia centrale al Centro America), fondato soprattutto su prestiti e aiuti a Paesi in Via di Sviluppo, in cambio di investimenti in risorse energetiche e minerali. Investimenti in infrastrutture e trasferimento di tecnologie ai paesi dove Pechino ha investito hanno finora contribuito al successo di questo modello.

La Ndb farà prestiti a condizioni più agevolate e tassi d’interesse più bassi rispetto a quelli praticati dal Fmi. Nuovi paesi potranno aggiungersi, anche se i Brics si sono riservati il diritto di mantenere una quota di controllo non inferiore al 55%.

Per quanto riguarda la Cra, qui il ruolo cinese sarà più forte. Pechino verserà 41 dei 100 miliardi di dollari del fondo; Mosca, Brasilia e New Delhi contribuiranno con 18 miliardi a testa, e Johannesburg con 5 miliardi.

Cambiamenti nelle prospettive

Chi ne beneficerà di più? La Cina? I BRICS in blocco? I paesi nei quali investiranno?

Questi ultimi nutrono grandi attese, ma molto dipenderà dalla Cina. Essa dispone di oltre 4 miliardi di dollari in riserve valutarie e di almeno un centro finanziario potenzialmente globale, Shanghai, che dovrebbe anche essere la sede della Ndb. Il mercato dei capitali di Shanghai potrebbe combinarsi con Hong Kong (già ora esistono accordi di cooperazione), dare vita a una grande borsa cinese e in prospettiva gettare le basi di una “Wall Street del Pacifico”.

La Cina è l’unica potenza non occidentale in grado di sfidare l’egemonia finanziaria statunitense, ma non può farlo da sola; ha bisogno dei Brics e in particolare della solidità e dinamicità diplomatica russa. Non è un caso che il vertice Brics sia stato lo snodo di viaggi di “diplomazia economica” di Putin e Xi Jinping, che in quei giorni hanno visitato diversi paesi latino-americani, tra cui Cuba, il Venezuela e l’Argentina di nuovo a rischio default.

Pechino sta ormai spiazzando Washington nel suo antico “cortile di casa”. La Cina dispone di ampia liquidità e investe in aree chiave quali energia, minerali e infrastrutture. Oltre ad accordi su elettricità e ferrovie, il governo cinese ha negoziato con l’Argentina uno swap triennale di 11 miliardi di dollari, che permetterà ai sudamericani di pagare le importazioni da Pechino. È importante notare come l’Argentina, dimenticata da Ue e Usa all’epoca del default (2001), si sia rivolta alla Cina (ormai il suo secondo partner commerciale) per evitarne un secondo.

La Cina è inoltre primo partner commerciale del Brasile, dove ha appena acquistato 60 aerei di linea Embraer e discusso la costruzione di una ferrovia Pacifico-Atlantico che coinvolge anche il Perù. La visita di Xi è poi proseguita in Venezuela (anche qui sono in gioco credito e petrolio) e a Cuba, che ha unito al valore economico di un’altra serie di accordi (150 nell’arco dell’intera visita sudamericana), quello simbolico dell’incontro tra Xi e i fratelli Castro.

Gli Usa stanno a guardare. Uno dopo l’altro, Argentina, Venezuela e Cuba, avversari più o meno grandi, più o meno storici, di Washington e del neoliberismo, hanno trovato una sponda a Pechino.

La Russia invece non sta a guardare. L’11 luglio Putin era a Cuba, alla quale ha cancellato il 90% dei debiti. Poi è stata la volta del Nicaragua dell’ex sandinista Ortega, altro paese ostile agli Usa. Infine, anche Putin è stato in Argentina, con cui ha concluso accordi sul nucleare civile; per volare infine al vertice Brics.

L’attivismo russo è soprattutto di natura politica. Difficile dire se Putin intenda aprire basi navali russe in America Latina (un annuncio in tal senso fu fatto dal ministro della Difesa Shoigu, RIA Novosti, 26 febbraio); più realistico pensare che al momento buone relazioni con i paesi latini possono servire a potenziare l’industria delle armi (attraverso vendite e collaborazioni) e dare uno schiaffo morale a Washington, intervenendo proprio a due passi dal suo territorio. Una parte dell’America Latina non ha dimenticato il fallimento del Mercosur e di altri progetti d’integrazione politica, tutti osteggiati dagli Stati Uniti, ed è assai attenta alle risorse energetiche, militari e finanziarie di Russia e Cina.

Nel lungo periodo però il neonato sistema Brics potrebbe incrinarsi. Russia e Cina si sono avvicinate anche per la comune ostilità statunitense, ma hanno non poche aree di tensione, dalla competizione per risorse e influenza in Asia Centrale a quella nell’Artico. La Russia poi non intende certo diventare un junior partner di Pechino, come le rispettive dimensioni economiche lasciano intravedere.

I Paesi in Via di Sviluppo, inclusi quelli sudamericani, faranno bene a perseguire la propria strada, e piuttosto cercare di bilanciare le rispettive influenze di vecchie e nuove Grandi Potenze. A Brasilia non è nato un nuovo “ordine internazionale”, ma la sfida a quello esistente è lanciata.

Giovanni Biava, consulente per energia e gas presso Repower SpA; Ernesto Gallo, Academic Tutor al Kaplan International College, Londra.

Fonte: ISPI, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.



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