Afidamp, un’associazione in movimento

di Chiara Merlini

Il tempo scorre veloce, l’appuntamento più importante per il cleaning italiano – e non solo – si sta avvicinando e quest’anno nei confronti della fiera di Verona i motivi di interesse e di curiosità sono molteplici. E c’è anche la voglia di capire questi eventi cambiano e come evolvono, per questo mondo globale che si ritrova ‘localmente’. Di questo parliamo con Toni D’Andrea, AD di Afidamp Servizi.

Toni D’Andrea, AD di Afidamp Servizi

Un accenno generale: le fiere nel complesso sono cambiate? Da un lato accentuano la significatività sul territorio, coinvolgendo maggiormente le aree circostanti, diventano motore locale e dall’altra puntano sull’internazionalizzazione. Come stanno evolvendo?

“Nel corso di questi anni anni Afidamp – prima degli altri – ha dislocato eventi fieristici in mercati allora emergenti e ora consolidati e possiamo dire che la fiera è sicuramente una rappresentazione del mercato, ed è anche una rappresentazione del territorio: in funzione di queste due variabili riflette tutto ciò che accade.

Nel mondo del cleaning esistono sostanzialmente alcune fiere internazionali che si presentano molto diverse dalle manifestazioni locali. Perché hanno obiettivi diversi, una complessità  organizzativa diversa, una frequentazione diversa. La fiera internazionale si preoccupa di attrarre l’interesse degli investitori, sia sul fronte della domanda sia sul fronte dell’offerta, e cerca di rendere la loro partecipazione e la loro convivenza all’interno dei giorni di fiera la più efficace possibile.

Quindi nella fase preliminare si cercano di ‘costruire’ strumenti che consentano ai visitatori e agli espositori di ottenere dall’evento il massimo beneficio e la massima efficienza. Noi siamo stati i precursori di questa filosofia, vi abbiamo investito in anni non sospetti, a partire dal 2011, per arrivare nel 2013 a lavorare con la logica del 2.0, mettendo a disposizione sia degli espositori sia dei visitatori uno strumento – attivato su smartphone o su iPad – che consentiva una serie di interrogazioni immediate, in tempo reale e offriva quindi al visitatore la possibilità di trarre dalla visita alla fiera una serie di informazioni importanti”.

Uno strumento in evoluzione?

“Il percorso prosegue in questa direzione, una linea che molti nostri concorrenti hanno recepito e sviluppato. Addirittura quest’anno – in accordo anche con la nostra integrazione con il mondo ISSA – attuiamo un progetto che proprio ISSA ha sperimentato: la geolocalizzazione dei visitatori.  In questo modo riusciremo a capire il flusso dei visitatori all’interno dei padiglioni, come si muoveranno, come reagiranno, quali sono le aree più interessanti e perché.

Quindi la fiera è un elemento che ha a che fare con la territorialità e anche con il mercato, con la capacità del ‘mercato’ di quello specifico territorio di accettare in maniera consapevole ciò che avviene. Sono convinto però che la fiera rimanga un momento di conoscenza, l’occasione nella quale visitatori ed espositori si incontrano e fissano un punto di contatto, che definisce il successo o l’insuccesso della fiera stessa”.

PULIRE 2019 quindi nel segno della continuità ‘tecnologica’?

“Proseguiamo nella direzione che avevamo preso, e rimane nel titolo della fiera: ‘The smart show’, che esprime esattamente questo messaggio, di una manifestazione che si aggiorna, si evolve, si prepara per presentarsi nella maniera più funzionale rispetto alle aspettative di espositori e visitatori”.

Cosa si aspetta ora il visitatore? È esclusivamente l’operatore professionale del settore o si nota una partecipazione più allargata, si è ampliata?

“Ormai da qualche anno sul fronte di PULIRE Verona la nostra intenzione è di estendere lo spettro di interesse anche a soggetti non strettamente legati al mondo della pulizia, ma che in qualche modo rappresentano il cliente finale, l’utilizzatore finale. Lo abbiamo fatto quest’anno per la prima volta con il Forum, cercando in questa occasione di attrarre soggetti che con il tema della pulizia in termini di contatto diretto non hanno molto a che fare, ma che la vivono perché se ne servono, utilizzano il servizio di pulizia.

Quindi l’obiettivo ancora è catturare l’interesse non soltanto delle imprese di servizi e dei distributori ma anche del consumatore finale che sono le catene alberghiere, i gestori degli ospedali, delle case di cura, le scuole, gli uffici, le banche e quant’altro”.

Un’apertura utile anche per una maggiore comprensione delle tematiche del cleaning e delle tecnologie e innovazioni presentate…

“Sarebbe significativo per una maggiore comprensione, non solo, anche per l’acquisizione di una maggiore consapevolezza su come questo mondo funziona, da quali regole è governato.

Naturalmente l’integrazione con ISSA rende più facile l’accesso a una comunicazione internazionale. Fino al 2017 La comunicazione è stata portata avanti da Afidamp, dalle riviste di settore, da alcuni canali social, ma è rimasta in un ambito abbastanza ristretto, anche perché la nostra capacità di investimento rispetto a un’utenza globale e generalizzata è limitata.

Quest’anno la presenza oltreoceano del partner ISSA consente di avere un ponte davvero efficace e quindi di distribuire l’informazione in maniera più allargata. Già da tempo su tutti i siti di ISSA l’immagine, il concetto, la presenza di PULIRE è assolutamente evidente e questo ci aiuta molto”.

In quale modo una fiera può incrementare le opportunità lavorative in un mercato in cui ora si percepisce precarietà e incertezza generale? E i dati sulla crescita sono a dir poco controversi…

“La fiera certamente non fa miracoli in questo senso. Se ben organizzata, ben gestita e frequentata da utenti qualificati, l’evento può produrre l’esigenza di necessità più evolute. Per questo ci auguriamo che la presenza – ormai ricorrente – di novità significative possa generare nelle imprese una volontà di rinnovamento e di maggiore qualificazione”.

Anche perché il settore del cleaning e del Facility Management offre realmente opportunità di crescita

“Sono convinto – e le indagini di mercato che nel corso degli anni abbiamo svolto ce ne danno certezza – che la pulizia sia un’esigenza primaria. Per certi aspetti quasi superiore a quella dell’alimentazione e molto superiore al tema della sicurezza, che in questi ultimi mesi ha invaso l’immaginario collettivo come preoccupazione e non basata su dati reali.

Certamente la pulizia rappresenta un bisogno e un’esigenza primaria per mantenere stabile il livello di civiltà al quale si è arrivati. Ed è certo che la pulizia nell’ambito lavorativo rappresenta un’area di grande espansione.

Noi sappiamo – ed è un’indagine molto interessante fatta qualche mese fa – che da ora e per i prossimi 30 anni verranno costruiti nel mondo 70 miliardi di metri quadri di edifici. Tenuto conto che dalla storia dell’uomo a oggi ne sono stati costruiti 145 miliardi, significa che nei prossimi 30 anni si costruirà quasi il 50% di tutto ciò che è stato costruito fino ad oggi.

Sono dati che danno il senso di quanto – da una parte l’automazione dei servizi, dall’altra parte la qualificazione dei servizi, dall’altra parte una nuova organizzazione dei servizi – siano necessità impellenti.  E quindi, se è vero che le fiere non sono più un luogo di commercio, ma il luogo nel quale si condividono opinioni, idee, esperienze, visioni, punti di vista, mi pare che questo sia assolutamente in linea con le nostre aspettative profonde”.

Da tutte le parti si percepisce una maggiore sensibilità ambientale: questo avviene anche a livello di partecipazione alla fiera?

“Diciamo che si impone. La realtà è che ora è necessario fissare delle regole, dei veti, dei limiti. Prima fra tutte la UE ha definito delle condizioni che definiscono premianti, che rendono possibile o non possibile la partecipazione ad alcune gare pubbliche. D’altra parte è necessario sollecitare, forse anche in maniera forzosa, la coscienza di ciascuno di noi – fabbricanti , distributori, utilizzatori – sul tema dell’ambiente. Rischiamo di andare a sbattere contro un muro, se non cambiamo direzione. La fiera è certamente l’occasione nella quale presentare un’offerta più larga, orientata a quel mondo, condividere le opinioni ma soprattutto stimolare la coscienza. È un problema di coscienza. Perché la consapevolezza porta a cambiamenti, anche piccoli. Sono singoli comportamenti individuali, che poi modificano sostanzialmente l’effetto generale”. 

Se vuoi vedere l’intervista a Toni D’Andrea: https://bit.ly/2VEuBZS

 



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